12 gennaio 2010

La fatina triste

La chiamavano la fatina triste, chissà perchè poi. Forse perchè nelle foto, mentre tutti gli altri facevano le gare per il sorriso più splendente, rimaneva in disparte, in basso a destra, oppure si sforzava di sorridere, ma tutto quello che otteneva era una bocca storta. Ed era lì, fissa nell'immagine della foto, mentre guardava lontano, guardava fuori. E intanto il mondo le passava avanti.

La chiamavano la fatina triste, essì che ce ne voleva a definirla triste: era ironica, solare, gentile. Praticamente da sposare. Aveva ed ha un ragazzo, una famiglia alle spalle che gli vuole bene, l'Università ed una vita tutta sua con milioni di progetti a riempirla.

La chiamavano la fatina triste forse perchè era sempre insoddisfatta. O forse perchè, più che altro, era sfortunata. Ma non di quella sfortuna accanita e cattiva. Piuttosto quella che ti fa rimanere un passo indietro rispetto a chi ti sta vicino. Allora tutto si fa un pochino piì difficile per te. Solo ed esclusivamente per te, mica per gli altri. Ti rimangono quindi due soluzioni: abbattersi, perdendo tutto, oppure ringhiare. E la fatina triste ringhiava, eccome se ringhiava.

La chiamo la fatina triste, l'ho rivista l'altro giorno. Non è cambiata in niente. E col tempo ho capito che quella che si porta dietro non è tristezza: è solo il modo per farci capire che lei, a differenza di molti di noi, ancora riesce a sognare.