07 dicembre 2009

[Il compleanno, ovvero la principessa e il pirata /2]

Uscirono fuori: era una di quelle serate umide e un po' nebbiose, utili solo per le feste al chiuso, d'inverno.
Franz si coprì con il cappuccio della felpa (tentativo inutile), mentre Berta tirò fuori da chissà dove il famoso golfino bianco.
-E' un po' che non ci si sente...- esordì Franz, mentre le sue dita tremavano nervosamente.
-Essì, sei sparito per un po', ma anch'io non è chi mi sia fatta viva...-
-Beh, Io te lo avevo promesso, lo sai.-
-Giusto...beh, come ti vanno gli esami?-
-Mah, normali...diciamo che nella mia grande lotta coi professori a volte vinco e a volte...no. Tu invece, tutto ok?-
-Più o meno.-
-E...stai sempre con lui?-

Franz toccò un tasto dolente. Per sè stesso. Un gesto da autolesionista di professione. Nel senso che se non fosse stato per quel tipo i Fattacci d'Agosto sarebero potuti durare anche a Settembre, Ottobre...fino all'infinito.
I Fattacci d'Agosto non sono scandalosi: per un po' (guarda caso ad Agosto) Francesco e Roberta si erano frequentati in maniera quotidiana, assiduamente (ma occhio ad equivocare. NON stavano insieme). Poi ci si era messo di mezzo un viaggio con gli amici a Praga, gli esami ed i corsi all'Università avevano fatto il resto: Franz si ritrovò fuori gioco, mentre la Berta si consolava con il moroso.
Ma, ad ogni modo, aveva sempre trattato Berta con un occhio di riguardo: nello scaricarlo aveva tentato di metterci tutta la dolcezza possibile, per fargli pesare di meno la dipartita (o forse per renderla meno traumatica). In fondo anche a Berta i Fattacci erano piaciuti.

E la stessa Berta tagliò corto: -Sì, stiamo ancora insime...ma va così. Tu?-
-Io...Beh, lo sai. mi hai vsto con la mia nuova Lei. Ma non ho così tanta voglia di parlarne.-
- Assì? E allora...che mi devi dire?-
-Niente. Questo è il punto: non voglio dirti proprio niente. Nel senso che quello che avevo da dirti te l'ho già detto.-
- Giusto.-
- Manca però una cosa.-
- E cosa?-
-...Grazie.-

In quella sera, umida e stupida, in quella festa un po' barbosa, che stentava a pertire (ma che poi, come ogni fetsa, sarebbe diventata la migliore di sempre), Berta se trovò spiazzata. E Franz...Franz si trovò con un grosso peso in meno.

30 novembre 2009

[il compleanno, ovvero la principessa e il pirata]

...E fu così che arrivò il compleanno di Daria.
Daria non vedeva l'ora di festeggiarlo. Non vedeva l'ora di festeggiare i suoi primi 18 anni. Era un mese che preparava la sua festa. A Franz non interessava tutto questo stress mentale ma condivideva la voglia di divertirsi. In fondo si va alle feste per questo,no?
Certo si sarebbe aspettato tutto, meno che incontrare alla festa la Berta, specie dopo i "Fattacci d'Agosto".

Roberta, detta Berta, era (come sempre) splendida: aveva un vestitino lungo, color carta da zucchero che finiva appena sopra il ginocchio e lasciava scoperte le spalle per qualche centimetro di pelle, pelle subito coperta da un golfino bianco nel caso avesse fatto freddo. Aveva, la Berta, una collanina d'argento, luminosa e magnifica nella sua semplicità, che sembrava trovarsi sul suo collo quasi per caso, come se non fosse degna di "quel" collo.
Gli occhi di Franz scesero pian piano, gustandosi ogni lembo di pelle, dalla collanina al decollete poi, per pudore, distolse lo sguardo e notò il suo trucco leggero (un filo di rimmel e un po' di rossetto sulle labbra). Notò anche i suoi capelli rossi, i suoi boccoli, avvolti delicatamente da una fascia: era una principessa e stava sfidando tutte le altre nella gara per chi fosse la più bella della festa.
Dal canto suo invece il Franz adottava lo stile da pirata: felpa coloratissima e jeans erano d'ordinanza, quanto alla barbetta di una settimana e la kefiah...beh, erano per dare un tocco d'autunno.

I due si guardarono negli occhi e non dissero nulla. Volevano far finta di niente. Ma proprio quando tutto sembrava già un piccolo "incidente di percorso" Franz ebbe uno scatto; un clic mentale lo fece muovere verso Berta: di colpo gli venne voglia di parlarle, un po' per gioco, un po' per sfida.
Ma la musica del dj ed il caldo ovattato della sala, agitò la mano per chiamarla a lui. Berta capì. Ebbe lo stesso clic mentale ed accettò la sfida.

23 novembre 2009

Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà.

Li incontrai di nuovo dopo anni. Non sembravano cambiati di una virgola: avevano ancora quel sorrisetto, del tipo che hanno le mamme nelle pubblicità: falso,irritante e da invidiare allo stesso tempo. Neanch'io ero cambiato esteriormente, nel senso che sembravo il solito barbone. E forse lo sembravo di più, visto che ero a fine giornata e che avevo già subito il delicato trattamento dei mezzi pubblici.

-Ciao!-
-Ciao ragazzi-
-Come va? Non ti sei fatto più vedere!-
-Eggià...Sono andato a prendere le sigarette.-
-Ammazza...c'hai messo quattro anni? ah ah!-

Odiavo ( e tutt'ora odio) chi mi tiene il conto del tempo che passa. E' roba da vecchi e da adolescenti in calore.

-E quanti pacchetti di sigarette hai preso? Centomila? ah ah!-
-Essì...-
-...Beh? Allora...che fai di bello? Anzi...ce hai fatto di bello in questi quattro anni?-

Nel sottolineare il tempo che era passato notai distintamente che mal sopportavano tutti gli anni che erano trascorsi da quando io li avevo, per così dire, "abbandonati". Ma non volevo certo fare il loro gioco. o per meglio dire, non me la volevo prendre a male.

-Beh dai, lo sapete quello che ho fatto. Ho ricominciato l'università, seguo di nuovo i corsi...-
-Ti abbiamo visto con quella là...fatto centro sì?-
-Sì, vabbè, veramente non la sento più...-
-Uh. Peccato... ci dispiace.-

Sapevano, sapevano perfettamente quello che succedeva intorno a me. In un paese si sa tutto di tutti. Lo facevano apposta, solo per farmi incazzare. Volevano solo prendermi per il culo, solo sentirsi superiori . Ma io con cazzoni del genere non tratto. Preferisco lo scontro diretto, la guerra. E allora che guerra sia.

-Invece voi...che fate di bello?-
-Beh, lo sai...stiamo sempre là. Passa il tempo...ma noi non passiamo mai!-
-Eh eh.-
-Ma invece tu, dopo tutto questo tempo...ma non senti un pochino la nostra mancanza?-
-Vuoi la verità? No.-
-In che senso?-
-Nel senso che...sto bene così.-
-Sì, giusto. Hai altre priorità. Ma lo sai, Se cambi idea...-
-SE cambio idea ve lo dico. Ma ne abbiamo già parlato. E sapete come la penso...-
-Già.-
- Quindi sapete che è molto difficile che io possa tornare. Anzi, al giorno d'oggi è impossibile. Non perchè non posso, ma perchè proprio non voglio. Non voglio: non c'è un solo neurone del cervello che mi dica di tornare indietro. Oh certo, voi mi mancate...ma non è certo una condizione sufficiente per farmi tornare.-
-Beh dai, non sarà l'unica...-
-Tutto sommato... sì. Ormai la vedo come una febbre, come una malattia: una volta guariti rimane solo il brutto ricordo. Ecco che siete, una brutta malattia!-
-Ah, che spiritoso!-
-Spiritoso un cazzo! Forse non vi siete resi conto che se in questi quattro "lunghi" anni non vi ho cercato. Un motivo ci sarà! Ed è pure semplice...-
-...-

Rimasero con le orecchie tese all'ascolto, tra l'incredulo e il curioso. Il tornado stava per arrivare.

-C'è che ero stanco. anzi: sono stanco. Stanco di seguirvi passo passo, stanco di starvi dietro. Sono stanco di sentire le vostre bugie, tutte le cazzate che mi avete raccontato in questi anni, stanco di leccarvi il culo. Sono stanco. E sono deluso: deluso da voi che credevo amici, compagni...fratelli. Finchè un giorno mi sono reso conto che mi avete preso ben bene per il culo. Mi manca la forza solo a pensare a tutte le volte che v'ho dato una mano con tutto il cuore, mentre voi pensavate a come giocare con il vostro burrattino...FANCULO! E, con permesso, adesso andrei...-

Era passato il tornado. poteva fare molti danni ma era arrivato e metà. Nel senso che nell'enfasi della situazione tante di quelle parole che mi erano passate in quegli attimi per la testa mi rimasero strozzate in gola, per colpa della foga e della voglia di liberarmi da quel peso. Non dissi tutto, ma girai i tacchi appena in tempo per non mostrare loro le lacrime che comiciarono a scendere. Erano calde di rabbia.
Loro non si mossero. Non si aspettavano di certo quella reazione. Pensavano che il burrattino cattivo sarebbe tornato di lì a poco nella loro cassa dei giochi preferiti, ma non fu così. Del resto neanche quattro anni prima si erano aspettati che me ne andassi senza tornare.

Mi allontanai senza voltarmi. Non ho mai più visto nessuno di loro. In nessuna circostanza. E non ne ho certo la mancanza.

Ed è a questo punto che si spengono le luci. Sipario.

15 novembre 2009

la fin des misérables est ici - direttamente dal passato

...E allora è finita. O meglio: hanno avuto la peggio le nostre convinzioni. Convinzioni che non stiamo qui a raccontare, sarebbe troppo lungo.

Quella dei miserabili è una storia chiusa, da tempo per giunta. Siamo stati troppo a tentare di rianimare questo progetto che non ci siamo resi sonto che era morto da un pezzo.

La sua anima è sperduta. E stavolta per davvero.

Il ricordo di questo piccolo angolo al di fuori degli schemi rimmarrà. Come si dice: Miserabile una volta, Miserabile per sempre.

Quanto a questa pagina [su facebook, nda] ...beh, rimarrà qui. Almeno per un altro po'. Non abbiamo il coraggio di cancellare questo piccolo pezzo di passato. E francamente non ne abbiamo nemmeno voglia.
A volte, quando si cambia radicalmente una strada, si tende a nascondere il passato dimenticandosene. Vi assicuriamo che non è questo il caso, dobbiamo veramente molto ai Miserabili.

I Miserabili torneranno. Ma saranno altre persone ad occuparsene, viaggeranno per altri lidi, cambieranno connotazione. Su questo ne siamo sicuri.

Quanto a noi...torneremo a breve con un altro progetto, diverso da quello che è stato (per voi e per noi) Les Miserablés. Crediamo che vi possa piacere.

Con Affetto,

I non più Miserabili.

30 ottobre 2009

[E fu il piacere di un incontro. /2]

Nel tempo che Lei impiegò per arrivare dal fondo del vialetto Franz si fece sei milioni di pensieri. I più disparati: dal "cazzo avevo bisogno di una gomma!" al "cazzo, si intoneranno le rose coi miei vestiti?".
Straordinariamente non perse la calma. Sussultò un pochino sul "ciao", ma poi riuscì ad essere abbastanza freddo per poter intraprendere un discorso che non parlasse della sua innata idiozia.

Ne aveva bisogno
: aveva bisogno di una donna nella sua vita. Non aveva bisogno della donna con cui sfornare bambini -no di certo- piuttosto aveva bisogno di un'anima gentile, di una persona sensibile, con cui potersi confidare, da cui sarebbe stato aiutato. Cosa che con i suoi amici non potevano essere.

Parlò a lungo il
Franz. Rimasero insieme per un paio d'ore. L'Acero ad un certo punto rimase solo, sebbene ogni tanto qualche poppante vi si nascondesse dietro, sempre a causa di quell'infinita partita a nascondino.
Ma Lei e
Franz erano già andati via da un pezzo, avevano deciso di passeggiare.
Franz superò il provino sulla vestizione, Lei superò il provino come Amica. Di lì a poco sarebbe nato qualcosa di più (Franz, in fondo, lo sperava) ma per il momento l'importante è che era riuscito a fare breccia nei pensieri di Lei.
Questo era il suo obiettivo: farsi ricordare come una persona speciale, diversa, unica. Forse ci era riuscito: non sarebbe bastato un solo
appuntamento per scoprirlo e gli venne facile di accordarsi per il secondo.

Franz , anche quella sera tornò a casa. Kurt Cobain sorrideva felice nel suo ruolo di poster, come se un poster potesse sorridere a piacimento. Come se Kurt Cobain avesse mai riso.
Appoggiò i vestiti pesanti sulla sedia, si tolse le scarpe. Respirò: era tornato a vivere.

16 ottobre 2009

[E fu il piacere di un incontro. /1]

Francamente gli ultimi due anni gli erano piaciuti. Davvero. Ma gli erano sempre sembrati come un "cracker senza sale". Incompiuti.
Fu così che accetto il suo appuntamento a metà tra il "massì-dai-chi-cazzo-se-ne-frega" e il "ma-hai-visto-mai..."
E fu così quindi che andò al parco pubblico. Anzi. Al pOrco pubblico; quanto gli piaceva storpiare il nome. Un po' come ai pOrcheggi... difficilmente le battutine idiote lo avrebbero abbandonato, nonostante l'occasione.

In perfetto orario cioè in anticipo, sei meno cinque. Pronto: pulito, barba fatta e capello a posto. Praticamente perfetto. Sembrava quasi un altro.

Si mise a sedere su una panchina con un mazzo di rose in mano: davanti a lui c'era un'aiuola con il prato all'inglese e un albero al centro, un Acero. poco più un là un gruppetto di ragazzini giocava a nascondino. Era un cliché: era andato sotto quello che stava sulle palle a tutti e difficilmente se ne sarebbe andato dall'albero della conta per una buona mezz'ora. Ma al Franz non è che gli importasse granché.
Osservando per metà come si evolveva la "nascondinata"e per l'altra metà quell'Acero che se ne stava lì zitto ad aspettare con lui, gli venne in mente l'idea di partire. Di andare via, ma non dal giardino, proprio via. Da casa... Così, per un po'.
Gli venne in mente Paolo Conte. Gli venne in mente "Via con me":

Via via, vieni via con me.
niente più ti lega a questi luoghi neanche questi fiori azzurri...

Ma lui aveva solo rose in mano. Rosse, non certo azzurre. Certo era strano pensare da un momento all'altro di partire. Si era stupito da solo. Cioè stupito...non che la voglia di partire fosse anomala, lo colpì il fatto che era nata tutta d'un tratto.

Lo riportò alla realtà l'orologio. Erano le sei e un quarto. Dannazione. E' odioso dover aspettare, soprattutto aspettare una donna. Perché non sai mai a che ora arriverà. Ma anche se arriverà.

E come nelle più belle favole (e come nei peggiori incubi) arrivò Lei, dal fondo del vialetto. Giusto in tempo per scardinargli un quarto d'ora buono di ragionamenti.

07 ottobre 2009

il Serpente e la Preda

Preda: "Ciao chi sei?!"
Serpente: "Sono il Serpente. E tu?"
P: "La Preda."
S: " Bene."
P: "Bene! Che fai di bello nella vita?"
S: "Solitamente me ne sto per cazzi miei. Tu?"
P: "Veramente io faccio un casino di cose, sono un mammifero! Spiccio, lavo, metto a posto la tana,cerco il da mangiare chiaramente per me e per i miei cuccioli... Hai dei cuccioli?"
S: " Dovei averne? Comunque no, faccio le uova. E poi campano da soli."
P: "Ah, ecco."
S: "Sì, da noi è così."
P: " E...ehm, la tua pelliccia...le tue squame, scusa. Sono un po' vecchiotte."
S: " Sì, ma tanto io la cambio quando mi pare a me."
P: " Ah ecco. perché sai noi abbiamo la pelliccia che non cambiamo mai...Oddio ogni tanto, d'estate speliamo, però poi alla fine è sempre quella..."
S: " Sì, lo so."
P: "...Ah, lo sai già."
S: " Direi di sì."
P: " Non sei molto loquace, eh?"
S: " Direi di no."
P: "..."
P: "E... Sei così pericoloso come di dicono?"
S: " Non direi... A parte qualche parente che stritola,sonaglia o che balla il mambo."
P: " Ah ah, sei anche spiritoso..."
S: "Già. Sono anche affettuoso. Posso abbracciarti se vuoi."
P: "Davvero? Ah ah, che simpaticone!"
S: "Certo, aspetta che mi avvicino....GNAM!"

E così anche stasera il Serpente ha portato a casa la cena, grazie alla sua stupida Preda.

21 settembre 2009

Fall.

Si riprese dal torpore: era ancora sul treno. Tentò in qualche modo di decifrare quanto mancasse alla sua fermata. Gli seccava molto ammettere che mancava un po', ma non abbastanza per tornare a sonnecchiare.
Lo aveva svegliato l'aria fredda che usciva dal bocchettone. si accorse che nel sonno gli era scivolata la mano: solo il mignolo rimaneva all'aria fredda, mentre le altre dita della mano, per qualche strano motivo erano appoggiate sul cassettino chiuso a mo' di un accordo virtuale di pianoforte.

Tornò con lo sguardo all'interno del treno: la puzza di sudore acre gli salì dalle narici fino al cervello ed esplose come solo le bombe al plastico sanno fare. "Giusto così" pensò. Il treno dei pendolari era sempre stato così. Nessuno capiva perché mai, nonostante passassero due treni a distanza di cinque minuti, la gente rimanesse ammassata e stipata come mobili in un camion di traslochi. O, volendo, Come i pezzettini del tetris. la cosa gli parve gustosa e cominciò mentalmente a piegare tutti i pendolari come fossero pezzi del tetris. Gli ronzava anche la musica in testa. Era un demente e lo sapeva.

Gli scappò un risolino e la cosa alla signora davanti a lui non piacque più di tanto. poco male, tornò a guardare attraverso il finestrino opaco di condensa, tanto era quasi arrivato.

Arrivò finalmente a casa: aveva giusto il tempo di farsi la doccia. prese l'accappatoio e gli successe una cosa che non aveva previsto: un brividino gelato gli percorse la schiena. era il chiaro segno che era arrivato l'autunno.

13 settembre 2009

[Piacere, sono un Punk.]

Gli avevano sempre detto che prima o poi si sarebbe dovuto schierare. Per forza.
Era una cosa -dicevano- normale, una banalità. Tutti gli uomini prima o poi si schierano: politicamente, idealmente, musicalmente. Ma era proprio questo che non capiva. O meglio: con la politica poteva benissimo sciaquarcisi il culo. Con gli ideali... il suo cervellino di locusta che si ritrovava non lo aiutava di certo.
Rimaneva la musica. E così il Franz passava le giornate a interrogare i suoi amici, tra un giro col motorino e una bevuta al pub, rompendo le palle a tutti con 50 miliardi di gruppi, che spaziavano dal metal norvegese alla Caselli.
Finchè un giorno il buon vecchio Joe glielo fece notare:

-Lo sai che avresti rotto tre quarti di cazzo con 'sti gruppi di merda?-
-Embè? Faccio Come mi pare!-
-Ma vaffanculo un po'. E sentiti i Bad Religion o i Marlene Kuntz, se proprio vuoi fare l'alternativone!-

il vecchio Joe aveva colpito nel segno, per lo meno con i Bad Religion. Intendiamoci: non che i Marlene facessero schifo -per carità- ma a lui piaceva qualcosa di pesante, di duro. Qualcosa di incazzato e di incazzoso.

E il Punk gli calzava a pennello. Il Punk è come mettere le dita nella presa della 220. E' come prendere un bel 4 a un compito in classe e pestare a sangue la prof. con una mazza da baseball. E' come pogare dentro un bagno turco, con le gocce di sudore che ti scendono giù per la fronte e poi dietro la schiena. E' come cacare da un balcone sperando di poter prendere quelli che passano sotto.

E da quel giorno la discografia del Franz si arricchì di qualche nome illustre, di qualche nome Punk o di qualche suo fratello: Pennywise, Sex Pistols, NoFX, Offspring, i Ramones, Persiana Jones, Green Day, Foo Fighters, Millencolin, I Clash...
I Bad Religion? Il primo amore non si scorda mai. Così li teneva in cima al raccoglitore di cd.

E, nel frattempo, scoppiò a suo modo una piccola moda. Quella di presentarsi in un certo modo:
-Ciao!-
-Ciao. Mi chiamo Franz. Sono un Punk.-

12 settembre 2009

[prego, inserire un titolo]

-...Senti, io devo dirtelo-
-Sì,ma cosa?-
-Che...beh, ecco. Non è più come prima-
-E allora?-
-E allora...vuol dire che ti mollo.-
-Come...?-
-Essì...-

Ancora era incredulo, ancora non ci credeva. Non era stato decisamente politically correct. Non era il suo modo. Eppure lo aveva fatto: e la cosa gli piaceva.
Gli piaceva sentire quel brivido caldo, quel rigurgito, che dallo stomaco saliva fino in gola. Il sapore del sangue in bocca, come quando prendi un bel destro in faccia, ma sai che l'altro ha preso un tram nella milza. Gli piaceva quela sensazione strana, a metà tra l'aver riacquistato la libertà dopo una bella dose di galera e l'onnipotenza che generava il far male alle persone.
Era fottutamente contento. Cazzo, finalemente si era tolto di mezzo quella rompi palle della Molli. Oddio, a dir la verità all'inizio era da paura. Poi però la cosa era degenerata subito sul pesante, la Molli voleva una cosa seria: una bella coppietta, tenersi mano nella mano,vedere i tramonti al mare,i figli, il mutuo di casa...
Stronzate, pensava. Non avrebbe barattato la sua libertà con nessuno, anzi, nessuna. Nessuna che gli facesse proposte del genere. Eppure stavolta c'era arrivato molto, troppo vicino. E si era scottato.

Adesso il Franz era steso sul suo lettino blu a pois gialli (odiava quel lenzuolo,ma era sempre lì sopra, maledetto!). Gli sembrava tutto strano in quella sua cameretta: le scarpe sopra la tv, il poster di Kurt Cobain, l'armadio con dentro i suoi vestiti (ogni volta più belli, ogni volta più vecchi). Era sospeso a fissare un punto indefinito del soffitto mentre nella sua testa passava un film fatto di flashback dal sapore dolce amaro, come i Verve...